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Le uova sono uno dei prodotti che entrano con maggiore frequenza nella nostra alimentazione, sia in quanto tali che come ingredienti di dolci e prodotti da forno, ma quanti di noi si sono mai chiesti come effettivamente vengono prodotte?

uova

Togliamoci subito dalla testa le immagini bucoliche di galline dal piumaggio variopinto che razzolano felici in prati lussureggianti; si tratta di un mero artificio pubblicitario.

Il solo numero di polli allevato in Italia ogni anno, che si aggira intorno ai 500 milioni, è totalmente incompatibile con le immagini propinateci dalla pubblicità. Quando un animale entra in una filiera produttiva viene declassato da essere vivente a macchina per produrre, e l’unico obbiettivo dell’allevatore sarà quello di massimizzare i profitti abbattendo i costi di gestione: in un contesto di questo genere qualsiasi preoccupazione per il benessere degli animali diventa totalmente antieconomico e la vita di queste sfortunate creature si trasforma in un atroce calvario in cui la morte diventa una liberazione.

galline pollaio

Cominciamo con una semplice domanda: per la produzione di uova l’industria è interessata solo agli esemplari femmine, ma che fine fanno i pulcini maschi? La risposta è a dir poco orripilante: secondo i dati raccolti dall’associazione CWF, ogni anno circa 360 milioni di pulcini maschi nati nella filiera delle uova vengono uccisi con il gas oppure gettati vivi in macchine trita tutto dopo un solo giorno di vita. Il motivo di questa pratica ha le sue origini negli anni ’50, quando si decise di allevare razze differenti per la produzione delle uova e dei polli da carne. Nel primo caso si utilizzavano animali in grado di deporre un grande numero di uova, nel secondo esemplari capaci di crescere di peso il più velocemente possibile. Ma i pulcini maschi nati dalle galline ovaiole, non producendo uova e non acquisendo peso rapidamente, venivano e vengono ancora oggi considerati uno scarto e come tali vengono trattati, eliminandoli nella maniera meno dispendiosa possibile.

Ma il destino delle galline che sopravvivono a questa prima selezione non è certo invidiabile: un’indagine di Animal Equality del febbraio 2017 ha messo in luce la situazione degli allevamenti italiani, in cui le galline vivono ammassate in spazi così ridotti da non consentire loro nemmeno l’apertura delle ali; sono chiuse in gabbie metalliche sporchissime, completamente ricoperte da piume ed escrementi; attorno a loro ratti in decomposizione, a contatto con le uova deposte; come se ciò non bastasse, galline putrefatte nelle stesse gabbie in cui le compagne vive continuano a deporre le uova.

L’allevamento in batteria delle galline ovaiole è un sistema industriale ed intensivo nel quale le galline vivono la loro breve vita (circa un anno, mentre in natura vivrebbero circa 15 anni!) confinate in una piccola gabbia di rete metallica insieme a molte altre galline. Queste condizioni provocano agli animali enormi sofferenze fisiche e psicologiche. Le gabbie possono essere impilate in altezza fino a 4 file, all’interno di capannoni di grandissime dimensioni, nei quali è necessaria la ventilazione forzata, dato l’altissimo livello di ammoniaca prodotto dalle deiezioni degli animali. Nelle gabbie di batteria gli animali sono inoltre esposti alla luce artificiale per molte ore, al fine di alterare il loro naturale ciclo giorno-notte, con un conseguente aumento della produzione di uova. Il pavimento in rete metallica della gabbia, necessario per fare fluire le deiezioni, provoca gravi lesioni e deformazioni ai piedi e alle unghie. In natura le unghie delle galline si consumano durante la ricerca di cibo, nelle gabbie di batteria ciò non avviene e le unghie crescono a dismisura fino a ritorcersi e spezzarsi con gravi conseguenze sanitarie per gli animali. Fragilità delle ossa, con conseguenti fratture costanti e diffuse forme di osteoporosi, sono situazioni frequenti in queste innaturali ed insostenibili condizioni di allevamento cui ogni anno milioni di galline sono sottoposte.

Le galline hanno un forte bisogno di porre in essere modelli di comportamento etologici, sviluppati dalla specie nell’evoluzione di migliaia di anni.

In natura le galline camminano per lunghe distanze e passano gran parte del loro tempo alla ricerca di cibo; vivono in piccoli gruppi con un organizzazione sociale complessa e basata su una chiara gerarchia; cercano luoghi appartati dove creare i nidi per deporre e covare le uova, e usano gli alberi per appollaiarsi al riparo dalle minacce dei predatori durante la notte. Le galline hanno un forte bisogno di distendere le ali, hanno una buona cura delle loro penne e fanno regolari bagni di terra. Una gallina libera, quindi, può fare movimenti naturali, cercare il foraggio, o un rifugio quando si sente minacciata dall’ambiente circostante, deporre e covare le proprie uova nel nido.

Nelle sterili gabbie di batteria nessuno di questi comportamenti è possibile, sono semplicemente soppressi.

Altro elemento di grande importanza per le galline è la possibilità di appollaiarsi per trascorrere la notte. Si tratta di un comportamento basilare delle galline che viene totalmente soppresso nelle gabbie e che determina nell’animale una perenne percezione di minaccia da parte di predatori, con effetti sul comportamento dello stesso.

L’impossibilità di aprire le ali costituisce l’ennesima grave privazione ai bisogni etologici di questi animali. A causa della loro frustrazione, della noia e della stretta vicinanza con altri animali, le galline spesso beccano e aggrediscono le proprie compagne di gabbia, fino ad arrivare a mettere in atto fenomeni di cannibalismo. Nel tentativo di diminuire le lesioni fisiche causate da questo comportamento, le galline di batteria vengono “sbeccate”, rimuovendo loro un terzo del becco per mezzo di un coltello rovente, ovviamente senza alcuna forma di anestesia.

Queste sono le atroci ed inaccettabili condizioni in cui vivono milioni di galline per produrre le uova che arrivano sulle nostre tavole.

Ma per le galline allevate “a terra” la situazione è molto differente?

Lo vedremo nel prossimo articolo, in cui esamineremo le varie tipologie di allevamento, come distinguere le uova in base a queste e se le uova sono realmente necessarie nella nostra alimentazione.

Cristian Sormani – volontario della sede LAV di Modena

allevare le galline