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Il 31 gennaio si è conclusa la stagione venatoria 2019/20 e come ogni anno i circa cinquecentomila cacciatori presenti in Italia hanno lasciato dietro di sè una scia di sangue, terrore e morte. La caccia continua ad essere definita uno sport e i cacciatori la nobilitano presentandola come una competizione leale tra loro e gli animali cacciati.

E’ intuitivo comprendere come queste non siano altro che ignobili menzogne.

Con quale coraggio si può innalzare al rango di sport l’inseguimento e l’esecuzione di un altro essere vivente per puro e crudele divertimento? Ma soprattuto come si può definire una competizione leale l’uccisione a freddo di animali inconsapevoli, spesso provati e stremati da una stagione caldissima e dalla siccità, che dubitiamo fortemente vogliano cimentarsi in questa assurda tenzone? Animali spesso immessi nel territorio per il puro diletto dei cacciatori.

Solo in Lombardia e in Emilia Romagna i cacciatori acquistano da allevamenti e liberano sul territorio circa mezzo milione di individui tra fagiani e lepri al solo scopo di sparargli addosso. A tutti noi sarà capitato di imbatterci in esemplari di questi animali che si aggirano palesemente disorientati e smarriti; prenderli a fucilate è davvero un bell’ esempio di coraggio e nobiltà d’animo. Non dimentichiamo poi che queste immissioni sconsiderate sono alla radice solo in Lombardia del 32% dei danni complessivi all’agricoltura. Già, ma poi arrivano i cacciatori a salvare i raccolti con le loro doppiette…..

Prendiamo i cinghiali, ad esempio, a ogni stagione di caccia braccati e rincorsi da mute di cani e battitori umani e massacrati a migliaia.

caccia ai cinghiali

I cacciatori e le loro associazioni sbandierano da anni il problema dell’eccessiva presenza di questi ed altri ungulati sul territorio antropizzato, causa di danni alle colture ed incidenti stradali, proponendo la caccia come esclusiva soluzione.

Un’altra inaccettabile mistificazione.

E’ infatti assodato che i cinghiali presenti sul territorio sono solo un ricordo del cinghiale autoctono, sostituito da esemplari più grossi e fecondi introdotti negli anni da cacciatori desiderosi di avere sempre più prede e di dimensioni sempre maggiori. Non possiamo ignorare che il problema cinghiali esiste perché, a partire dagli anni ’50 del secolo scorso e sino a pochi anni fa ci sono state immissioni a scopo venatorio. I cinghiali si sono moltiplicati in Italia col solo scopo di consentire a una minoranza di cacciatori di divertirsi sparando e uccidendo.

E’ inoltre assolutamente evidente che l’attuale sistema di controllo della popolazione dei cinghiali è risultato del tutto fallimentare dal momento che non ha prodotto risultati. Gli studi effettuati negli ultimi anni in tutta Europa dimostrano che la caccia, a dispetto delle diverse metodiche adottate, non è riuscita a controllare la popolazione dei cinghiali, che sono cresciuti in maniera esponenziale. L’attività venatoria, al contrario, colpisce soprattutto gli adulti e innesca risposte compensative tra i cinghiali, come l’aumento della fertilità, producendo una loro aumentata diffusione nel territorio.

Non credete quindi a chi sostiene che la caccia è l’unica misura di contenimento di popolazioni (autoctone o alloctone) divenute sovranumerarie: mente, sapendo di mentire.

Ma oltre ad abbattersi sugli animali, la caccia è responsabile di sofferenze e morte anche per gli esseri umani e i loro animali domestici, spesso presi a fucilate non si sa quanto inconsapevolmente. Grazie ai dati raccolti dall’Associazione Vittime della Caccia sappiamo che tra morti e feriti anche quest’anno abbiamo un centinaio di vittime umane, attribuibili all’incosciente o dolosa gestione dell’arma in dotazione da parte dei cacciatori. Per questo motivo la LAV ha scritto al ministro Lamorgese chiedendo che al verificarsi di presunti “incidenti venatori” sia immediatamente ritirata la licenza del porto d’armi.

Anche l’Ente nazionale protezione animali (Enpa) chiede “l’intervento del ministro dell’Interno e l’innalzamento dei massimali delle assicurazioni”, che tra l’altro “alimentano una parte del fondo destinato alle vittime della caccia”, perché “ormai è una questione di sicurezza”. “Milioni di animali selvatici sempre più rari uccisi solo per il sadico divertimento di pochi – rileva l’Enpa – Campagne ‘militarizzate’ da piccoli eserciti di persone che, anziché rispettare la natura, girano armati. Regioni che calpestano sentenze di Tar, Corte Costituzionale, Consiglio di Stato e gli autorevoli pareri scientifici al fine di mantenere una manciata di consensi. E vittime umane. Questo il terribile quadro della caccia in Italia – osserva l’associazione – che devasta ambienti, inquina habitat e mette in pericolo la vita di escursionisti, cittadini, e anche dei bambini”.

Parole che sottoscriviamo in pieno.

In un quadro in cui l’Unione Europea ci stigmatizza per le nostre politiche venatorie “troppo permissive”, troppo spesso le regioni continuano ad emanare consapevolmente provvedimenti legislativi a favore dei cacciatori, contro l’esplicita volontà dei cittadini che, secondo tutti i sondaggi, sono in schiacciante maggioranza contrari alla caccia ed invece vorrebbero maggiori tutele per gli animali selvatici, che ricordiamo essere riconosciuti dalla legge nazionale 157/92 come “beni indisponibili dello Stato” (e quindi non a disposizione dei cacciatori per il loro barbaro sollazzo).

Ricordiamo inoltre che dal 1 settembre 2019, primo giorno di caccia della stagione, si è verificato un gran numero di episodi di bracconaggio: uccisione di animali protetti, cattura di uccelli da richiamo, caccia in zone e orari vietati sono solo alcuni dei reati venatori che hanno visto protagonisti nella stragrande maggioranza dei casi cacciatori in possesso di regolare licenza di caccia, a dimostrazione del fatto che il bracconaggio e la caccia sono parenti assai stretti.

episodi di bracconaggio

Questo nonostante la pretesa delle associazioni venatorie di essere gli alfieri della lotta contro il bracconaggio, dichiarazione evidentemente smentita dai fatti.

Altro punto dolente è la “facilità” con la quale è possibile ottenere oggi il rinnovo della licenza di caccia, che avviene ogni 5 anni dietro presentazione di un certificato medico.

Concludiamo questo triste e insensato bollettino ribadendo il nostro proposito: l’abolizione totale e definitiva della caccia dal territorio nazionale; continueremo a combattere questa barbarie fino a quando l’ultimo cacciatore non avrà smesso di provocare morte e terrore ad animali innocenti.

Cristian Sormani – volontario della sede LAV di Modena